Telescopio James Webb

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« Risposta #75 il: 14 Agosto 2023, 14:06:09 pm »
Cos’è il misterioso punto interrogativo fotografato dal James Webb

In una delle ultime foto scattate dal telescopio spaziale James Webb, compare uno strano punto interrogativo nello spazio. Ecco cosa pensano gli scienziati.
Non c’è dubbio che il telescopio spaziale James Webb stia raccogliendo più domande di quelle a cui dovrebbe rispondere, sull’universo. In una delle ultime foto pubblicate dalla NASA, che ci offre uno sguardo più dettagliato su due giovani stelle a 1.470 anni luce dalla Terra, compare un oggetto che assomiglia a un gigantesco punto interrogativo cosmico. Di che si tratta?

Per gli scienziati è una fusione di galassie

“Probabilmente è una galassia lontana, o una fusione di galassie: le loro interazioni potrebbero aver causato la forma distorta che assomiglia a un punto interrogativo”, hanno detto a Space.com i rappresentanti dello Space Telescope Science Institute (STScI) di Baltimora, che gestisce le operazioni scientifiche del JWST.

Secondo gli scienziati, il colore rosso dell’oggetto ci dice che esso è piuttosto lontano. “Questa potrebbe essere la prima volta che vediamo questo particolare oggetto”, aggiungono. “Sarebbe necessario un ulteriore approfondimento per capire di cosa si tratta con certezza. Webb ci sta mostrando molte nuove galassie lontane, quindi c’è molta nuova scienza da fare!” dicono.

Matt Caplan, professore di fisica presso l’Università dell’Illinois, ha detto che l’oggetto potrebbe essere una fusione di due galassie. “Potrebbero facilmente essere la fusione di due galassie sullo sfondo, con la parte superiore del punto interrogativo che rappresenta una galassia più grande in primo piano. Dato il colore di alcune delle altre galassie sullo sfondo, questa potrebbe essere la migliore spiegazione che abbiamo” ha concluso.



https://www.passioneastronomia.it/cose-il-misterioso-punto-interrogativo-fotografato-dal-james-webb/
È l'universo che ci sfotte.



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« Risposta #76 il: 22 Agosto 2023, 08:41:31 am »
Una nuova immagine della Nebulosa Anello del telescopio spaziale James Webb

Il telescopio spaziale James Webb aveva catturato lo scorso anno alcune immagini (con NIRCam e MIRI) della Nebulosa Anello che risultano essere piuttosto evocative anche per i non-appassionati di astronomia grazie alle combinazioni di colori.


n questi giorni tutti gli occhi sono rivolti alla Luna a causa delle missioni Luna-25 e Chandrayaan-3. Questo però non ci deve far dimenticare che il Cosmo è grande. Durante la prima settimana di agosto avevamo scritto della pubblicazione di un'immagine della Nebulosa Anello (conosciuta anche come Messier 57, M57 o NGC 6720) catturata dal telescopio spaziale James Webb. A differenza di altre occasioni, quell'immagine era stata resa disponibile non attraverso il "solito" archivio di NASA/ESA ma con un comunicato congiunto della Western University, dell'Università di Manchester, dell'University College London e di altre istituzioni.

Ora finalmente abbiamo una nuova immagine (in realtà due) catturata sempre dal JWST con i dati di NIRCam per il vicino infrarosso e MIRI per il medio infrarosso. Questo oggetto celeste è decisamente spettacolare anche per i profani dell'astronomia in quanto risulta essere molto evocativo e, grazie alle colorazioni applicate in post-produzione, è possibile esaltarne le forme. In passato la Nebulosa Anello era già stata ripresa, tra gli altri, dal telescopio spaziale Hubble. Ora Webb aggiunge ulteriori dettagli. Questo è quello che sappiamo.

L'immagine della Nebulosa Anello e il telescopio spaziale James Webb
Secondo quanto riportato dai comunicati congiunti di ESA e NASA, grazie al telescopio spaziale James Webb è stato possibile catturare dettagli incredibili della Nebulosa Anello (che si trova a circa 2300-2500 anni luce dalla Terra, nella costellazione della Lira). Al centro c'è una stella che ha espulso gli strati più esterni a causa delle fasi finali della sua vita. Con l'osservazione attraverso NIRCam e MIRI è stato possibile, per esempio, evidenziare la struttura dell'anello interno e quella delle regioni più esterne così da comprenderne meglio le dinamiche.

La nebulosa ha al suo interno delle zone ricche di idrogeno molecolare con la regione più interna dove il gas è invece particolarmente caldo. Sempre in questa zona è presente un anello (sottile) dove sono presenti molecole ricche di carbonio chiamate idrocarburi policiclici aromatici.

Ancora più interessante è che la struttura così particolare della Nebulosa Anello sarebbe stata plasmata da una stella di massa inferiore che orbita intorno a quella principale a una distanza pari a quella che c'è tra la Terra e Plutone. Questa stella meno densa del sistema binario non è ancora stata rilevata e quindi al momento attuale è un'ipotesi nonostante le potenzialità del telescopio spaziale James Webb. Dalla zona interna a quella più esterna si notano degli archi concentrici. Gli scienziati credono che il loro ritmo di formazione sia uno ogni 280 anni.

La struttura di questo oggetto celeste vede al centro materia a bassa densità che si estende sia verso la Terra che nella direzione opposta. La stella principale diventerà in futuro una nana bianca (di dimensioni piccole ma molto densa e calda) mentre è già passata dallo stadio di gigante rossa. Una fine analoga a quella che potrebbe fare il Sole tra alcuni miliardi di anni.

Il telescopio spaziale James Webb è stato utilizzato per queste osservazioni il 4 agosto 2022 per NIRCam e sono stati impiegati i filtri F162M, F212N, F300M e F335M. Per MIRI invece le osservazioni risalgono al 14 luglio 2022 e 21 agosto 2022 utilizzando i filtri F560W, F770W, F1000W, F1130W, F1280W, F1500W, F1800W, F2100W, F2550W. La zona coperta nell'immagine è pari a 2,14 x 2,17 arcominuti. ESA ha reso disponibili le immagini ad alta risoluzione da circa 90 MB di NIRCam e da 7,3 MB di MIRI.




https://www.hwupgrade.it/news/scienza-tecnologia/una-nuova-immagine-della-nebulosa-anello-del-telescopio-spaziale-james-webb_119336.html

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« Risposta #77 il: 16 Settembre 2023, 14:11:12 pm »
Herbig-Haro 211, la giovane stella ripresa dal telescopio spaziale James Webb

L'ultima immagine pubblicata tra quelle catturate dal telescopio spaziale James Webb ha come soggetto la protostella Herbig-Haro 211 (o HH 211) che si trova a circa mille anni luce dalla Terra rivelando i dettagli della sua struttura.

Il telescopio spaziale James Webb è uno strumento versatile nelle mani degli scienziati permettendo di catturare un'infinità di dati per fare nuove scoperte, confermare o confutare ipotesi e teorie e mostrare la bellezza dell'Universo anche per i "non addetti ai lavori". Recentemente è stata annunciata la rilevazione di metano e anidride carbonica nell'atmosfera di un esopianeta, ma quei dati (per quanto importanti) forse non attirano l'attenzione come l'immagine della giovane stella Herbig-Haro 211 (HH 211) pubblicata nelle scorse ore.

Già in passato il JWST ha dato prova delle sue capacità e della bellezza che è capace di catturare come con la Galassia Vortice M51 o la Nebulosa Anello e anche Herbig-Haro 211 è sicuramente un grande capolavoro in termini di resa estetica (oltre che consentire di avere ulteriori dati a disposizione per gli scienziati). Questo è quello che sappiamo su questo oggetto celeste.

La stella Herbig-Haro 211 e il telescopio spaziale James Webb
Come riportato da NASA ed ESA nell'ultimo comunicato stampa, il telescopio spaziale James Webb ha catturato il 28 agosto 2022 un'immagine della giovane stella Herbig-Haro 211 (HH 211) mostrando chiaramente dei getti che si allontanano dalla zona dei poli viaggiando nello Spazio interstellare a velocità elevatissime. Questo oggetto celeste si trova a mille anni luce dalla Terra, nella costellazione del Perseo, con l'immagine completa che copre un'area di 2,06 x 2,30 arcominuti.

Come scritto poco sopra, una delle parti più appariscenti e spettacolari della nuova immagine del JWST sono i getti che si espandono nello Spazio. Trattandosi di un oggetto relativamente vicino si tratta di un grande possibilità di osservazione per il telescopio spaziale, permettendo di cogliere molti dettagli e quindi migliorare la sua analisi.

Ancora nascosta da una coltre densa di polvere, la protostella di Classe 0, emette forti getti di gas che si scontrano con altri gas e polveri che si trovano nella regione di Spazio vicina creando queste scene spettacolari. In particolare Herbig-Haro 211 (HH 211) è una stella molto giovane che potrebbe essere associabile a quello che era un tempo il Sole.

In quelle regioni sono state rivelate molecole come idrogeno molecolare, il monossido di carbonio e il monossido di silicio che emettono luce infrarossa osservabile con strumenti come NIRCam del JWST (non è la prima volta che HH 211 è osservata, ma non con questo dettaglio). In particolare sono stati impiegati i filtri F162M, F164N, F210M, F323N, F335M, F460M, F466N e F470N attribuendo diversi colori per rendere l'immagine comprensibile.

La zona coperta dalla polvere non permette di avere dettagli diretti su quanto sta avvenendo, ma grazie allo studio dei getti e delle loro oscillazioni è stato possibile intuire che HH 211 potrebbe essere un sistema binario non completo (i sistemi stellari binari non sono una rarità nell'Universo).

I getti, nella sezione più interna, avrebbero velocità di deflusso pari a circa 80 km/s o 100 km/s e sarebbero quindi più lenti rispetto a stelle simili ma più anziane. Lo studio di come le onde d'urto ad arco interagiscono ha permesso ai ricercatori di capire che la loro composizione è principalmente di molecole riducendo l'energia emessa e quindi i loro effetti su altre molecole circostanti (che non vengono scisse in atomi e ioni). Com'è intuibile, studiare un oggetto come Herbig-Haro 211 (HH 211) con il telescopio spaziale James Webb permette idealmente di capire come il Sistema Solare è nato e si è evoluto e quindi migliorarne la nostra comprensione. L'ESA ha reso disponibile l'immagine ad alta risoluzione da 99 MB per chi volesse immergersi nei dettagli.




https://www.hwupgrade.it/news/scienza-tecnologia/herbig-haro-211-la-giovane-stella-ripresa-dal-telescopio-spaziale-james-webb_120144.html

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« Risposta #78 il: 16 Settembre 2023, 14:27:07 pm »
Ricordiamo sempre che quelle divulgate sono comunque immagini provenienti da un telescopio all'infrarosso e che sono poi successivamente elaborate quindi ciò che viene mostrato non è esattamente il "visibile" ....

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« Risposta #79 il: 16 Settembre 2023, 16:10:42 pm »
Ricordiamo sempre che quelle divulgate sono comunque immagini provenienti da un telescopio all'infrarosso e che sono poi successivamente elaborate quindi ciò che viene mostrato non è esattamente il "visibile" ....

Esattamente e' una versione elaborata "fumettosa" delle foto IR.

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« Risposta #80 il: 22 Settembre 2023, 08:41:54 am »
Scoperta anidride carbonica dal James Webb su Europa. Un indizio per la vita oltre la Terra!

L’anidride carbonica rilevata dal James Webb potrebbe essere un indizio per un ambiente favorevole allo sviluppo della vita nell’oceano sotterraneo su Europa, una delle lune di Giove

Fin da quando gli esseri umani hanno guardato il cielo notturno, ci siamo interrogati sulla vita oltre la Terra. Gli scienziati ora sanno che diversi luoghi del nostro sistema solare potrebbero avere condizioni adatte alla vita. Uno di questi è Europa, una delle lune di Giove, un mondo affascinante con un oceano salato e sotterraneo di acqua liquida, forse il doppio di quella di tutti gli oceani della Terra messi insieme. Tuttavia, gli scienziati non avevano confermato se l’oceano di Europa contenesse sostanze chimiche biologicamente essenziali, in particolare carbonio, l’elemento costitutivo universale della vita come la conosciamo. Ora, utilizzando il telescopio spaziale James Webb, gli astronomi hanno trovato anidride carbonica sulla superficie di Europa, che probabilmente ha avuto origine in questo oceano. La scoperta segnala un ambiente potenzialmente abitabile nell’oceano della luna.

Anidride carbonica sulla superficie
Utilizzando i dati del telescopio spaziale James Webb della NASA, gli astronomi hanno identificato l’anidride carbonica in una regione specifica sulla superficie ghiacciata di Europa. L’analisi indica che questo carbonio probabilmente ha avuto origine nell’oceano sotterraneo e non è stato trasportato da meteoriti o altre fonti esterne. Inoltre, è stato depositato in una scala cronologica geologicamente recente. Questa scoperta ha importanti implicazioni per la potenziale abitabilità dell’oceano di Europa.

Una connessione superficie-oceano su Europa
Il James Webb ha scoperto che sulla superficie della luna, l’anidride carbonica è più abbondante in una regione chiamata Tara Regio, un’area geologicamente giovane di terreno generalmente riemerso noto come “terreno del caos”. Il ghiaccio superficiale è stato distrutto e probabilmente si è verificato uno scambio di materiale tra l’oceano sotterraneo e la superficie ghiacciata. L’anidride carbonica non è stabile sulla superficie di Europa. Pertanto, gli scienziati affermano che è probabile che sia stato fornito in un periodo geologicamente recente, una conclusione rafforzata dalla sua concentrazione in una regione di terreno giovane.

Il futuro
Questi risultati potrebbero aiutare la missione Europa Clipper della NASA, così come il prossimo Jupiter Icy Moons Explorer (JUICE) dell’ESA (Agenzia spaziale europea), nell’esplorazione della luna di Giove.

https://www.passioneastronomia.it/scoperta-anidride-carbonica-dal-james-webb-su-europa-un-indizio-per-la-vita-oltre-la-terra/

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« Risposta #81 il: 12 Ottobre 2023, 19:24:51 pm »
La spettacolare foto del telescopio James Webb nella Grande Nube di Magellano

L'ultimo scatto del Jwst realizzato nella galassia mostra giovani stelle avvolte da polvere cosmica

Il James Webb Space Telescope (Jwst) è tornato a immortalare la Grande Nube di Magellano per studiare nel dettaglio una delle sue regioni di formazione stellare. L'immagine catturata grazie al Medium Infrared Instrument (Miri) del telescopio è una delle più nitide finora disponibili.

La fotografia del Jwst mostra particelle di silicato che appaiono sotto forma di polvere cosmica e molecole note come idrocarburi policiclici aromatici. Sono visibili anche stelle giovani appena formate e protostelle in via di sviluppo. L'obiettivo degli astronomi che hanno lavorato a questa immagine è quella di condurre un censimento delle stelle in questa zona della Nube di Magellano. Secondo la Nasa, il team è riuscito a identificare 1001 sorgenti luminose, la maggior parte delle quali è rappresentata da giovani stelle ancora avvolte da densi strati di polvere stellare.

La Grande Nube di Magellano (conosciuta anche con l'acronimo inglese Lmc) è una galassia nana che si trova nella Via Lattea. Fa parte del Gruppo locale, che comprende la Galassia di Andromeda e la Galassia del Triangolo. I ricercatori stimano che il diametro della Lmc sia di circa 35mila anni luce e che nel suo insieme l'ammasso ospiti circa 30 miliardi di stelle.

"Combinando i dati di del telescopio James Webb nel vicino infrarosso e nel medio infrarosso, gli astronomi possono fare un censimento più completo delle stelle e delle protostelle di questa regione dinamica. I risultati hanno implicazioni per la nostra capacità di comprendere le galassie che esistevano miliardi di anni fa, durante un'epoca dell'universo nota come 'mezzogiorno cosmico', quando la formazione stellare era al suo picco e le concentrazioni di elementi pesanti erano più basse", ha spiegato la Nasa.

La Lmc è una delle poche galassie visibili a occhio nudo nell'emisfero meridionale e compare nella documentazione astronomica persiane a partire dall'anno 964. L'ammasso stellare prende il nome dall'esploratore portoghese Ferdinando Magellano. Secondo alcuni storici, fu lui a informare l'Occidente dell'esistenza di questa struttura nel cielo dell'emisfero meridionale. Per decenni, la Grande Nube di Magellano è stata considerata la galassia più vicina alla Via Lattea. Tuttavia, nel 1994, la Galassia nana ellittica del Sagittario le ha tolto il titolo. Oggi, è la Galassia Nana Ellittica del Cane Maggiore a detenere il record di vicinanza, a 25mila anni luce dal sistema solare.

La Nube di Magellano è un oggetto di grande interesse per gli astronomi che cercano di studiare il processo di formazione stellare. In questo senso, la galassia è in una fase di intensa attività ed è piena di protostelle e gas in formazione. La comunità scientifica la descrive come un "tesoro astronomico", che ospita oggetti e strutture di varia natura, tra cui almeno 60 ammassi globulari, 400 nebulose planetarie e 700 ammassi aperti, senza contare le stelle più giovani.

https://www.wired.it/article/james-webb-telescopio-grande-nube-magellano-foto/

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« Risposta #82 il: 28 Ottobre 2023, 14:37:58 pm »
Il telescopio spaziale James Webb ha rilevato elementi più pesanti del ferro in una kilonova

Grazie a una prima rilevazione del telescopio spaziale Fermi è stato possibile analizzare con il telescopio spaziale James Webb lo spettro generato da una kilonova dovuta alla fusione di due stelle di neutroni trovando tellurio, selenio e tungsteno.

Dopo l'immagine catturata dal telescopio spaziale Hubble degli scorsi giorni si torna a parlare ancora una volta del telescopio spaziale James Webb. Recentemente è stato pubblicato uno studio riguardante una corrente a getto su Giove rilevata proprio grazie al JWST, ma questo strumento scientifico (ancora all'inizio della sua vita operativa) è stato anche impiegato per osservare ben più lontano. In particolare l'evento GRB 230307A è legato a una kilonova derivante dalla fusione di due stelle di neutroni.

Webb è stato attivato, insieme ad altri telescopi spaziali e terrestri, dopo la rilevazione da parte del telescopio spaziale Fermi (che osserva i raggi gamma) che ha permesso di rilevare l'evento GRB 230307A a marzo di quest'anno permettendo di effettuare le analisi durante i giorni del 5 aprile e dell'8 maggio. Questo Gamma Ray Burst è stato il secondo per luminosità da cinquant'anni a questa parte e circa cento volte più luminoso di un tipico GRB. Ad aiutare gli scienziati è stata anche la durata del fenomeno, pari a 200" (tra i più duraturi mai osservati).

Il telescopio spaziale James Webb e l'analisi della kilonova
Nella giornata odierna è stato pubblicato su Nature lo studio dal titolo "Heavy element production in a compact object merger observed by JWST". Infatti l'importanza di questa kilonova non è data solo dalla rilevazione dell'evento in sé ma anche da tutte le informazioni che è stato possibile estrapolare grazie al telescopio spaziale James Webb.

In particolare Webb ha permesso di rilevare vari elementi generati dall'evento molto energetico, tra i quali il tellurio, e più in generale elementi più pesanti del ferro (come tungsteno e selenio). Om Sharan Salafia (co-autore dello studio e ricercatore all'INAF) ha dichiarato "questo tipo di esplosione è molto rapida, con il materiale dell'esplosione che si espande rapidamente. Mentre l'intera nube si espande, il materiale si raffredda rapidamente e il picco della sua luce diventa visibile nell'infrarosso e diventa più rosso su scale temporali di giorni o settimane".

Per l'analisi (29 giorni e 61 giorni dopo l'evento) è stato impiegato lo spettrografo NIRSpec spingendosi anche nelle lunghezze d'onda del medio infrarosso (questo strumento può analizzare dai 0,6µm fino ai 5µm) dove la rilevazione è apparsa migliore. Grazie ai dati è stato possibile capire che la fusione delle due stelle di neutroni è avvenuto a 120 mila anni luce di distanza dalla galassia a spirale che ospitava originariamente questi oggetti celesti. L'espulsione del sistema binario è avvenuta probabilmente a causa proprio delle esplosioni delle stelle che hanno originato le stelle di neutroni e che hanno scagliato il sistema lontano dalla galassia di appartenenza.

Il telescopio spaziale James Webb ha anche impiegato lo strumento NIRCam (nel vicino infrarosso) per ottenere ulteriori dati utilizzando i filtri F115W, F150W, F277W, F356W e F444W ai quali sono stati assegnati i colori blu (per i primi due, verde (per il terzo) e rosso (per gli ultimi due). L'evento è avvenuto nella costellazione Mensa con l'immagine che copre un'area ampia 1,3 arcominuti. Capire da dove derivano i vari elementi che compongono la materia e come questi possono essere originati da eventi di vario genere permette agli scienziati di capire come l'Universo si è evoluto ma anche come la vita ha potuto avere origine sulla Terra.

https://www.hwupgrade.it/news/scienza-tecnologia/il-telescopio-spaziale-james-webb-ha-rilevato-elementi-piu-pesanti-del-ferro-in-una-kilonova_121222.html

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« Risposta #83 il: 11 Novembre 2023, 11:53:57 am »
James Webb ha trovato delle strane particelle sul pianeta

WASP-17 b è un esopianeta molto interessante. Immaginatelo come un Giove più grande e molto più caldo che orbita a a 1.300 anni luce di distanza con temperature che sfiorano i 1.500 gradi.

Puntando il telescopio spaziale James Webb su questo mondo è stata fatta una scoperta straordinaria, ovvero la presenza di quarzo sul pianeta. Da noi questo silicato si trova sulla superficie sottoforma di cristalli, mentre laggiù questo materiale si troverebbe nell'atmosfera sottoforma di minuscole particelle.

Il quarzo tra le nuvole di un gigante gassoso
“Siamo rimasti contentissimi!” Lo ha detto in una nota David Grant, uno scienziato dell'Università di Bristol che ha lavorato alla ricerca. Per rilevare questo materiale gli astronomi hanno usato la classica tecnica del transito.
Quando il gigante gassoso è passato davanti alla sua stella hanno utilizzato lo spettrografo di Webb per catturare la luce che passa attraverso l'atmosfera. Questo strumento ha permesso al gruppo di ricerca di vedere quali elementi o minerali erano presenti e quali no. Questo metodo, chiamato “spettroscopia di trasmissione”, è uno dei pochi modi in cui possiamo intravedere la composizione delle atmosfere aliene nei regni lontani della Via Lattea.

Queste particelle di quarzo (silicio e ossigeno) sono incredibilmente piccole, nell'ordine di un milionesimo di centimetro, ma sono "probabilmente simili nella forma ai prismi esagonali appuntiti che si trovano nei geodi e nei negozi di gemme sulla Terra", spiega la NASA.

https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/attenzione-james-webb-ha-trovato-delle-strane-particelle-sul-pianeta/ar-AA1jHFR9?ocid=msedgntp&cvid=0669446f99b54b4e9175b58b9289f90a&ei=113

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« Risposta #84 il: 30 Gennaio 2024, 20:24:07 pm »
Dettagli mai visti nelle 19 galassie a spirale ritratte da Webb

Aiuteranno a capire i meccanismi di formazione delle stelle

Sono davvero ipnotiche le immagini di 19 galassie a spirale immortalate con un dettaglio senza precedenti dal James Webb Space Telescope, gestito dalle agenzie spaziali di Stati Uniti, Europa e Canada.

Le galassie fanno parte dell’universo a noi più vicino e sono ricche di dettagli inediti di stelle, gas e polveri che forniranno informazioni preziose sulla struttura delle galassie e sui processi di formazione ed evoluzione stellare.



Le immagini sono state pubblicate dalla collaborazione internazionale Physics at High Angular resolution in Nearby GalaxieS (Phangs), sostenuta da oltre 150 astronomi di tutto il mondo e che comprende osservazioni fatte su tutto lo spettro elettromagnetico con i più grandi osservatori sia da terra che dallo spazio, tra cui Alma, Vlt e Hst.

"L’obiettivo del progetto è studiare il processo di formazione stellare, come questo venga influenzato dall’ambiente circostante e viceversa come la formazione stellare a sua volta lo influenzi attraverso processi cosiddetti di feedback", spiega Francesco Belfiore dell’Inaf di Arcetri, unico ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica impegnato nel progetto Phangs.

Al consorzio partecipa anche Mattia Sormani, che dopo dieci anni all’estero è oggi un 'cervello di ritorno' in Italia: in primavera prenderà servizio all’Università dell’Insubria, nella sede di Como, per studiare il trasporto di materia verso il centro della Via Lattea e l’alimentazione dei buchi neri, progetto per il quale ha vinto l'Erc Starting Grant 2023.

I sorprendenti dettagli delle galassie presenti nelle immagini sono frutto della combinazione di dati ottenuti nel vicino e medio infrarosso grazie a diversi strumenti a bordo del telescopio Webb: NirCam ha immortalato milioni di stelle visibili nei toni del blu, alcune delle quali sparse nei bracci di spirale delle galassie o raggruppate in ammassi stellari; i dati dello strumento Miri, invece, evidenziano la polvere incandescente, mostrando le zone in cui questa si localizza intorno e tra le stelle. A queste lunghezze d’onda sono inoltre visibili nei toni del rosso le stelle che non si sono ancora formate completamente e restano avvolte nel gas e nella polvere che ne alimentano la crescita. Tra le strutture riconoscibili nelle immagini sono presenti anche ampi gusci sferici nel gas e nella polvere che potrebbero essere il residuo di esplosioni di una o più stelle.

https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/spazio_astronomia/2024/01/30/dettagli-mai-visti-nelle-19-galassie-a-spirale-ritratte-da-webb_c43d7de4-34eb-4e0d-85bb-4979101b05f1.html

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« Risposta #85 il: 18 Maggio 2024, 10:54:52 am »
Buchi neri in fase di fusione nell'Universo primordiale individuati dal telescopio spaziale James Webb

Due buchi neri in fase di fusione quando l'Universo aveva solo 740 milioni di anni sono stati individuati dal telescopio spaziale James Webb grazie allo strumento NIRSpec permettendo di comprendere l'evoluzione delle galassie.

Nelle scorse settimane sono state diverse le notizie legate al telescopio spaziale James Webb e riguardanti gli esopianeti, come la possibile rilevazione dell'atmosfera di 55 Cancri e oppure nuovi dettagli sulla struttura di WASP-43 b. Il nuovo strumento scientifico ha però anche la capacità di osservare molto più in là nell'Universo, quando quest'ultimo era nato da poche centinaia di milioni di anni. L'ultima novità riguarda l'individuazione, grazie al JWST, della fusione di due buchi neri quando l'Universo aveva solamente 740 milioni di anni.

Questo genere di fenomeni sono relativamente frequenti ma osservarli non è semplice (un aiuto arriva, per esempio, dalle onde gravitazionali). Come riportato nello studio dal titolo GA-NIFS: JWST discovers an offset AGN 740 million years after the big bang, il potente telescopio avrebbe osservato due buchi neri supermassicci (che si trovano al centro di due galassie) in fase di fusione. Si tratta di milioni di miliardi di masse solari e un evento che sprigiona moltissima energia.

Capire quando i buchi neri supermassicci hanno iniziato a esistere, quale sia la loro evoluzione e capire quanto fossero diffusi nell'Universo primordiale consente di ricostruire la storia del Cosmo e l'evoluzione delle galassie (ma anche dei sistemi planetari fino alla vita). Il sistema osservato dal telescopio spaziale James Webb si chiama ZS7 e ha fornito nuove informazioni utili in tal senso e la sua massa stellare è simile a quella della Grande Nube di Magellano.

Hannah Übler (dell'Università di Cambridge) ha dichiarato "abbiamo trovato prove di gas molto densi con movimenti veloci nelle vicinanze del buco nero, così come del gas caldo e altamente ionizzato illuminato dalla radiazione energetica tipicamente prodotta dai buchi neri nei loro episodi di accrescimento. Grazie alla nitidezza senza precedenti delle sue capacità di imaging, Webb ha anche permesso al nostro team di separare spazialmente i due buchi neri".

I dati catturati dal JWST (con l'utilizzo di NIRSpec) indicano come uno dei due buchi neri sia da 50 milioni di masse solari mentre quella del secondo buco nero non è stata calcolata direttamente (a causa di una coltre di gas denso che lo nasconde) ma dovrebbe essere simile. Roberto Maiolino (dell'Università di Cambridge e dell'University College London) ha aggiunto che è probabile che la fusione di buchi neri, anche nell'Universo primordiale, sia stato uno dei fenomeni che ha portato al loro rapido accrescimento. Questo ha poi plasmato l'evoluzione galattica.

Quando i buchi neri si fonderanno genereranno onde gravitazionali che potrebbero essere rilevate da sistemi come LISA (Laser Interferometer Space Antenna). Questo interferometro dovrebbe consentire di rilevare anche fusioni di buchi neri meno massicci e quindi capire quanto effettivamente questo genere di fenomeni è frequente.

https://www.hwupgrade.it/news/scienza-tecnologia/buchi-neri-in-fase-di-fusione-nell-universo-primordiale-individuati-dal-telescopio-spaziale-james-webb_127229.html

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« Risposta #86 il: 01 Giugno 2024, 12:53:47 pm »
Il telescopio spaziale James Webb ha rilevato la galassia più distante conosciuta: JADES-GS-z14-0

La galassia dal nome di JADES-GS-z14-0 è la più distante mai rilevata finora dal telescopio spaziale James Webb. L'emissione di questo oggetto celeste risale a quando erano passati solamente 290 milioni di anni dal Big Bang

Esopianeti come WASP-107 b o 55 Cancri e e WASP-43 b, buchi neri in fase di fusione nell'Universo primordiale ma anche nebulose molto note agli appassionati. Le capacità del telescopio spaziale James Webb spaziano in diversi ambiti permettendo agli scienziati di raccogliere sempre un maggior numero di informazioni su molti aspetti del Cosmo. L'ultima novità riguarda l'Universo primordiale con la rilevazione della galassia più distante mai osservata dal genere umano (finora): si tratta di JADES-GS-z14-0.

Certo, il nome non sarà particolarmente evocativo, ma si tratta di un insieme di dati fondamentali per capire come si è evoluto l'Universo, conoscere le prime generazioni di stelle e dell'aggregazione delle galassie. Grazie al JWST è possibile scavare indietro nel tempo (e lontano nello Spazio) con i suoi strumenti per il vicino infrarosso e il medio infrarosso, rispettivamente NIRCam e MIRI.

Secondo quanto riportato congiuntamente da ESA e NASA i dati di questa osservazione sono stati inseriti nello studio dal titolo A shining cosmic dawn: spectroscopic confirmation of two luminous galaxies at z∼14, anche se il processo di peer-review non è ancora stato completato (e quindi potrebbero esserci ulteriori novità nelle prossime settimane). Interessante notare che c'è anche "un po' di Italia" in questa scoperta con Stefano Carniani della Scuola Normale Superiore di Pisa che è autore principale dello studio (insieme ad altri ricercatori del nostro Paese e a una collaborazione internazionale).

Il telescopio spaziale James Webb e la galassia JADES-GS-z14-0
Nell'immagine di NIRCam è stato possibile rilevare l'emissione della galassia JADES-GS-z14-0 (il cui nome deriva dal programma JWST Advanced Deep Extragalactic Survey). Questo oggetto celeste ha un redshift di ben 14,32 (+0,08/-0,20) e quindi i dati rilevati risalgono a 290 milioni di anni dopo il Big Bang. Si tratta di un tempo relativamente breve in termini cosmici e questo dovrebbe consentire di conoscere l'evoluzione di stelle e galassie in quel periodo temporale.

In quel momento erano si erano formate le prime galassie formate dalle prime stelle e buchi neri. Grazie ai dati sarà quindi possibile cercare di capire come gas e polveri si sono organizzati nello Spazio. Dopo una prima osservazione alla fine del 2023, gli scienziati sono tornati a guardare in direzione di JADES-GS-z14-0 per determinarne correttamente il redshift (spostamento verso il rosso).

A gennaio 2024 questa galassia primordiale è stata osservata per quasi dieci ore con il telescopio spaziale James Webb permettendo di elaborare lo spettro. Grazie ai dati raccolti è stato possibile calcolare il redshift di 14,32 che ha superato tutti i precedenti record. Ma non è tutto. La galassia sembrerebbe particolarmente luminosa ma non a causa di un buco nero supermassiccio in fase di accrescimento, quanto piuttosto dall'emissione di giovani stelle.

Questa scoperta cambia anche il calcolo della sua massa che non è più dovuta a un grande buco nero centrale ma piuttosto alla sua componente stellare. La luce inoltre non ha uno spettro così "blu" come ci si aspetterebbe ma invece vira più verso il rosso e questo fenomeno sarebbe legato alla presenza di polvere che blocca parzialmente la luce delle stelle. NIRCam, per l'immagine ad ampio campo, ha impiegato i filtri per le lunghezze d'onda 0,9 µm, 1,15 µm e 1,5 µm (F090W, F115W, F150W) ai quali è stato assegnato il colore blu, 2,0 µm e 2,77 µm (F200W, F277W) per il verde e 3,56 µm, 4,1 µm e 444 µm (F356W, F410M, F444W) per il rosso. Per l'ingrandimento che mostra nel dettaglio JADES-GS-z14-0 sono stati impiegati i filtri F090W e F115W per il blu, F150W e F200W per il verde e F277W per il rosso.

Con MIRI è stato poi possibile rilevare emissioni di gas ionizzati, in particolare ossigeno e idrogeno. La presenza del primo in una galassia così giovane rispetto al Big Bang è una sorpresa suggerendo che ci sarebbero state generazioni di stelle ancora più antiche e molto massicce. JADES-GS-z14-0 porta così a riscrivere parte dei modelli teorici e simulazioni formulati in precedenza. Le indagini del telescopio spaziale James Webb sull'Universo primordiale sono comunque solo all'inizio e molte altre sorprese ci aspettano in futuro.

https://www.hwupgrade.it/news/scienza-tecnologia/il-telescopio-spaziale-james-webb-ha-rilevato-la-galassia-piu-distante-conosciuta-jades-gs-z14-0_127648.html

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« Risposta #87 il: 04 Luglio 2024, 21:48:40 pm »
Fuochi d'artificio cosmici intorno a una baby-stella

Catturati dal telescopio Webb, disegnano una brillante e colorata clessidra

Fuochi d’artificio cosmici, che illuminano l’oscurità dell’universo sono stati catturati dal telescopio spaziale James Webb, di Nasa, Agenzia Spaziale Europea e Agenzia Spaziale Canadese: la loro origine è una baby-stella nella costellazione del Toro, a circa 460 anni luce dalla Terra, i cui getti di materia sparati nello spazio disegnano la forma di una brillante e colorata clessidra.

La stella nascente, che ha un’età di soli 100mila anni, si trova proprio nel collo della clessidra, dove sta accumulando materia dal un disco di polveri e gas che la circonda.

L’immagine è stata scattata dall’occhio a infrarossi di Webb, chiamato Miri: uno strumento in grado di spingersi alle lunghezze d’onda del medio infrarosso, invisibili dalla Terra. La luce blu che colora la maggior parte dei getti emessi dalla stella è dovuta alla presenza di composti organici noti come idrocarburi policiclici aromatici, che si trovano, ad esempio, anche nel carbon fossile e nel petrolio, mentre la zona centrale della clessidra assume una sfumatura rossa dovuta allo spesso strato di gas e polveri che circonda la protostella. Infine, tra rosso e blu c’è anche una zona intermedia bianca formata da una miscela di idrocarburi, gas ionizzato e altre molecole.

Man mano che il giovane astro continua a produrre questi fuochi d’artificio, consumerà e dissiperà gran parte della nube che la circonda, e le strutture studiate dal Jwst cominceranno a scomparire. Alla fine, una volta concluso il suo processo di accrescimento, questo spettacolo pirotecnico non sarà più osservabile e la stella diventerà facilmente distinguibile anche per i telescopi che lavorano con la luce visibile.

https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/spazio_astronomia/2024/07/04/fuochi-dartificio-cosmici-intorno-a-una-baby-stella_fb093df9-1784-4203-9ab5-cd7d246957c4.html